Erano le 19:20.
Il vento non le accarezzava i capelli, la schiaffeggiava. Si teneva più stretta che poteva, mi graffiò. Io guardavo avanti, cercavo di tenerla in braccio nonostante l’attrito. Erano passati pochi minuti, e ci trovavamo già a Parigi. Un ristorante tipicamente parigino. La luce di una candela. Ordinammo un buon pinot nero, mentre aspettavamo il primo.
“Davide… come è successo?”
Sapevo che sarebbe stata questa la prima domanda.
“Non ne ho idea.”
“Che vuol dire? Cioè, ti sei semplicemente alzato un giorno e ti sei accorto di poter correre più veloce della luce?”
Si era accorta che stavo picchiettando con il dito sul tavolo. Non volevo mostrarle tensione, nonostante quanto stessi per dirle.
“No, non così. Diciamo che è stata una cosa più graduale. È cominciato una settimana fa. Mi ero alzato – e qua ci siamo – poi avevo cominciato a prepararmi e… mi ero accorto di essere uscito di casa cinque minuti prima del solito. Hai presente il mio appartamento, no?”
“Sì, certo”.
Mi stupiva che riuscisse a mantenere la calma. Questa non era una cosa paragonabile ai suoi occhi uno-azzurro-uno-blu.
“Ecco, mica c’è tanta strada da fare in quel buco. Insomma, fatto sta che sono uscito alle 8:45 anziché alle 9:00 come al solito, pur avendo fatto le solite azioni. Me ne sono accorto quando sono arrivato in ufficio, ed era deserto. Allora ho deciso di prendere un caffè.”
“E…? il caffè era radioattivo?”
“Non capisci? Era già iniziato. Dunque, mi ero messo in coda per pagare, alla cassa. C’erano solo 4 persone prima di me. Mi sembrava che stesse passando un’eternità tra un cliente e l’altro.”
“Ah. Lo stesso motivo per cui sei così nervoso qui al ristorante? Abbiamo ordinato solo 5 minuti fa.”
Mi accorsi che avevo ripreso a picchiettare col dito sul tavolo. A super-velocità (o come vogliamo chiamarla) aveva causato un solco sul legno del tavolo, visibile anche dalla tovaglia. Spostai le posate per coprirlo e continuai il mio racconto.
“Esatto. Non ero io ad essere veloce. Erano gli altri, tutti gli altri, ad essere terribilmente lenti. Solo adesso, mi rendo conto, di quanto sarò sembrato pazzo!”
“Che vuoi dire?”
Aveva assunto l’espressione classica di quando si stava preparando a rimproverarmi. Era come se mi stesse imboccando la cazzata che stavo per dire, e sarebbe rimasta delusa se non fosse stata all’altezza delle aspettative del suo rimprovero.
“Ho cominciato a urlare, cose tipo ‘c’è gente che deve andare a lavorare!’, ‘non vogliamo mica fare notte’.”
Il rimprovero le era rimasto strozzato in bocca. Avevo superato le aspettative.
“A parte sentirmi dire ‘povero stronzo’, non era successo niente. Niente di grave.”
Nel modo di sistemarsi sulla sedia, aveva fatto cadere il cappotto pesante che si era portata dall’Italia. Fa freddo, in braccio al Davide Express. Prima che toccasse terra, mi alzai, lo raccolsi al volo e lo spostai sull’attaccapanni. Ero tornato al mio posto, e lei non s’era accorta di nulla.
“Insomma, la cosa continuò ad aumentare mano a mano che passavano i giorni. In ufficio ho persino ricevuto i complimenti da Strazzini per ‘l’inspiegabile incremento produttivo’.”
Adesso avevo cominciato a giocare a sbriciolare il pane. Anna mi guardava ancora seria e impettita.
“Sono andato al campetto, venerdì mattina, alle 5. Non c’era nessuno. Avevo intenzione di confermare il mio sospetto…”
“Cioè che non era il mondo ad essere diventato più lento, ma che eri tu ad essere diventato tipo quel personaggio dei fumetti, Flash Gordon?”
“Flash.”
“Uh?”
“Flash e basta. Quello che corre con la tuta rossa è Flash. Il biondo del film con Ornella Muti è Flash Gordon”.
“Ah. Ecco. A proposito, a parte risparmiare sui viaggi, cosa hai intenzione di fare con questi… ehm. Con questi poteri?”
Il sarcasmo della mia ragazza era leggendario. Io sapevo, dopo anni di fidanzamento, che era solo un modo di reagire a quello che non capiva, che le dispiaceva o che la faceva incazzare, fingendosi più forte. Chissà quale delle tre opzioni, in questo caso.
“Hai presente ‘più veloce di un proiettile’?”
Guardò verso la mano che avevo alzato, e fece attenzione alla benda che mi avvolgeva il palmo. Anche questa volta avrei superato le sue aspettative.
“Davide… che cazzo hai fatto?!”
“La pistola di mio padre. Non serve a niente essere più veloce di un proiettile se non hai la pelle indistruttibile”.
“Ma… sei un idiota! Ti sei praticamente sparato addosso! Perché non provi a gettarti dal quinto piano, a questo punto?”
“Un superpotere alla volta.”
Chissà cosa avranno pensato i francesi che ci circondavano. Chissà a che pantomima ridicola in una lingua rozza come l’italiano avranno assistito. Anna si portò le mani sulla faccia, stava trattenendo le grida. Ho fatto bene a portarla in un ristorante così a modo. Io mi ero accorto di avere sbriciolato tutta la baguette che era nel cesto. Erano la 19:45. Avevamo ordinato già da 7 minuti.

***

Sarà stato il vino. Sarà stata l’atmosfera di Parigi. Sarà stato il fascino dei superpoteri. Fatto sta che quando entrammo in albergo, alle 23:40, mi saltò addosso. Giuro sulla mia collezione di dvd che non avevo queste intenzioni. Avevo prenotato l’hotel solo perché ero certo che ci sarebbe stato troppo freddo, di notte, per tornare in Italia… a piedi. Il fatto che avesse tanta voglia, di certo, andava a mio vantaggio. I preliminari durano sempre troppo per un uomo, figurarsi per qualcuno con la mia “pazienza”. In ogni caso cercai di controllarmi. La mano mi faceva un male cane, ma cercavo di non farci caso. Quando finalmente eravamo giunti al punto, persi il controllo. Lei era sempre stata la donna dei miei sogni, e quegli occhi, così rari, così affascinanti, la rendevano ancora più preziosa. Non mi ero accorto del tempo che era trascorso. Ma lei non mancò di farmene accorgere.
“Sei già venuto?”
“Oh.”
“Cioè… sei già venuto? Ma che razza di superpotere hai?”
Si alzò dal letto, si rivestì. In fretta, sembrava quasi che le avessi trasmesso parte della mia supervelocità.
“Vado a farmi una passeggiata”.
“Anna… fuori c’è freddo!”
“Dov’è il mio cappotto?”
Erano le 23:45.



Marco Rizzo non è un deputato dei comunisti italiani. Fa parte di un'altra casta, quella dei giornalisti, e scrive fumetti e di fumetti. Le sue due ultime produzioni fumettistiche sono "Ilaria Alpi - Il prezzo della Verità" e "Debbie Dillinger: una ballata d'amore e morte". E' co-direttore artistico dell'innovativa rivista antologica Mono edita da Tunuè e ha fondato il sito Comicus, cosa che ancora non lo fa dormire la notte.

3 commenti:

Fabrizio ha detto...

Bello! Il dialogo al ristorante è uno spasso. La parte migliore.
Ma se avessero tromabto e lui non avesse avuto un'eiaculazione precoce, mi sarebbe piaciuto di più.
Era un po' telefonato il finale...

:D

Fab

Marco Rizzo ha detto...

grazie :)

cmq è mio dovere dire che non è una storia autobiografica.

Fabrizio ha detto...

Chi legge il forum di Comicus sa che possiedi un anello giallo, con cui dare forma ad ogni tipo di sex toy!

:D

Fab