In questa discarica si può dire che sono un’ospite illustre.
Sono stata la moto di Jeffrey Philip Wielandt.
Il Metal Chopper #1 di Zakk Wylde.
Non dite niente, per favore. Ascoltate prima la mia storia.
Visto e considerato come sono conciata, non mi sento affatto privilegiata. Perché se mi avesse posseduto qualcun altro, sicuramente non sarei qui.

-Fai piano Zakk!!-
-Zitta e godi!-
-Ma così mi fai male!!-
Quello stronzo di Zakk non si liberava di me neanche quando scopava.
Penso che l’abbia fatto più sulla mia sella che nel suo letto.
Anche a costo di stare in garage!
Si calava i pantaloni, faceva piegare la sua donna e ci dava dentro di brutto.

-Mi sta uscendo il sangue! Fermati!-
-Ma si può sapere che cazzo ti piglia?? Non ti sei mai lamentata così!-
-Zakk fermati!-
E dire che la posizione era anche scomoda. Quando Barbaranne si aggrappava sul manubrio non solo rischiava di spaccare tutto, ma le entrava anche il contachilometri nello sterno.
Ma il suo problema non era proprio quello.
-Non ti piace se spingo così veloce?-
-Si ma cristo, non mi puoi bucare l’intestino! Guarda il sangue! Le mestruazioni mi sono finite la settimana scorsa. Se m’hai combinato qualcosa, stavolta t’ammazzo veramente, Zakk!-
La tipina si chiamava Barbaranne Caterina. Era una bella donna. Alta, bionda ed infinitamente tamarra. Si sono messi insieme quando avevano 16 anni e non si sono più lasciati. Era l’unica donna che mi piaceva portare in giro.
Sembrava nata per stare a gambe larghe.

Ma Zakk non era certo un campione in fedeltà.
-Oddio Zakk!! Io non avrei mai immaginato!-
-E’ grande eh? Me lo dicono tutte-
-Vieni qua, sfondami cuginetto!-
Qualche anno fa morì la zia che viveva in Oregon. E noi siamo andati lì per il funerale.
Mentre Barbaranne stava al caffè, ad 820 miglia di distanza, lui era a Portland a scoparsi la cugina. La figlia di zia Mary Lou, quella morta.
-Spingi! Spingi più forte!!-
-Che puttana che sei, Jessy!-
-Si, veloce! Vai!-
Era talmente dispiaciuto per lei, che alla fine pianse sul viso di Jessy tutto il suo dolore.
Da come parlo sembro gelosa, vero?
Si, forse un pochino lo sono stata. E forse lo sono ancora.
Ma diciamolo francamente. Un altro uomo così, dove lo trovo?
Dopo un po’ di tempo iniziai anche a credere che non erano le amichette o la moglie a farlo eccitare, ma io.
Se lui è innamorato di se stesso ed io sono il prodotto della sua mente, allora l’amore per me è presto detto.
Lui mi ha progettata e mi ha eiaculata come fossi sua figlia.
Mi ha disegnato per notti intere dandomi una forma, un’anima ed una carrozzeria.
Ero quello che desiderava.
Il primo Dicembre 2004 è venuto a prendermi.
Quando mi vide la prima volta, sono sicura che s’è eccitato.
Ha abbassato lo sguardo, ha sbattuto i tacchi ed è arrossito.
Come fa quando si vergogna.
Poi mi ha toccata. Ha accarezzato tutto il mio corpo.
Ha infilato le sue dita in ogni angolo, ha seguito i miei bullseyes, i miei teschi, le mie croci. I suoi occhi hanno leccato la mia vernice.
Poi ha guardato il meccanico e gli ha detto di sparire.
Si è piazzato con le sue chiappe toste sulla mia sella. Ha posizionato i piedi ed ha afferrato con forza il manubrio. Tutto combaciava. Come se fossi nata per stare sotto di lui.
Le sue mani erano grandi. Ruvide e sudate.
Infilò la chiave e mi accese.
Poi girò l’acceleratore e scoppiò a ridere.
Siamo partiti per il nostro primo viaggio.
Da Los Angeles alla Baia di Monterey. Seguendo prima il fiume e poi la costa.
La strada era deserta. Non c’era nessuno ad interrompere il nostro amplesso.
Gli ho schizzato in faccia tutta la mia potenza.
Ho sacrificato per lui un serpente a sonagli.
L’ho fatto godere.
Avevo Zakk dentro di me.
Ero la sua creatura, la sua amante, la sua madonna.
Poi ha iniziato a gridare.
Un urlo disarmante, esploso dal profondo del suo genio.
Non finiva mai, sembrava eterno. Generato da uno stato d’essere mai visto né sognato. Bestiale.

Tornammo a casa tre giorni dopo.
-Che fine hai fatto, coglione? Sei uscito a prendere la moto e poi??
Potevi avvisarmi!!-
La moglie avrebbe chiamato la polizia se non fosse rincasato entro la mezzanotte.

Per evitare di far preoccupare la sua famiglia, stando fuori troppi giorni, decise di dedicarsi a me un solo giorno a settimana.
Partivamo da Los Angeles senza sapere la meta.
Io lo portavo a spasso come fosse il mio trofeo. Ero così orgogliosa di lui! Lo sentivo, sopra di me, che fremeva. I muscoli delle sue gambe si contraevano ad ogni rombo del motore. Ed io gli davo quello che voleva.
Da soli, io e lui, uniti in un’unica morsa, stretti appassionatamente ci baciavamo, gemevano ed urlavamo insieme.
Io ero tra le sue gambe e lo sapevo felice.
Quanto mi sarebbe piaciuto essere una donna solo per farci l’amore.
Ma so che non l’avrei appagato così.

Al sesso, però, non rinunciava mai.
Quando andavamo via, staccava dagli obblighi quotidiani e tornava ad essere adolescente. Beveva cascate di birra e fotteva come un toro. Solo donne, sia ben chiaro, ma se fossero stati uomini di certo non se ne sarebbe accorto.
Un Venerdì arrivammo fino a Palm Springs.
Una piccola cittadina di quarantamila abitanti alle porte del deserto.
Lì c’erano due amiche che Zakk non disdegnava.
Non appena ci fermammo sotto il loro balcone Molly e Laura riconobbero il suono del mio motore e si precipitarono giù. A salutarci.
-Dai sali! O preferisci dietro il vicolo?-
Zakk sorrise -Salite in sella che a voi ci penso io-
Andammo dietro il vicolo.
Molly era una bellissima donna bianca. Bassa, snella e molto porca. Laura invece era nera. Quando si piegava, i muscoli delle gambe diventavano le basi di lancio dei razzi. Pochi secondi ed eri in orbita.
Ma era più timida e spesso preferiva guardare.
Quella notte, però, partecipò.

In previsione dell’arrivo dell’uomo avevano una canottiera e la minigonna.
Per rendere il lavoro meno faticoso.
Una si sedette sul serbatoio e l’altra sulla sella.
Zakk si posizionò al centro. Iniziarono a baciarsi. Le mani erano sei e si muovevano come tentacoli.
Mentre erano immersi nel groviglio, un pick up si fermò all’imbocco della strada. Puntandogli i fari addosso.
-Brutto figlio di puttana!! Ecco dove te ne vai. Lurido schifoso!!-
Era Barbaranne. Scese dal suo pick up ed iniziò a scaraventare i coperchi dei cassonetti. Zakk si voltò verso di lei, si mise le mani in faccia e le urlò di fermarsi. Preso dal panico, non rimise dentro neanche l’uccello.
Quando lei si placò, le corse incontro cercando di abbozzare qualche scusa. Io non riuscii a sentire cosa le disse, ma sicuramente fallì.
Le due donne, intanto, stavano ridacchiando.
Si abbassarono la gonnella e rincasarono.
Molly si affacciò dalla finestra per godersi lo spettacolo. Laura no.

Quella notte io e Zakk rimanemmo all’Americas Best Value Inn.
Il solito, squallido motel per coppie.
Il giorno dopo prendemmo la strada per casa.
Ma non fu uno dei nostri viaggi.
Il mio uomo piangeva.
Per la prima volta aveva indossato il casco. Sentivo i suoi singhiozzi. Immaginavo i suoi capelli bagnati dalle lacrime.
Non mi toccava come prima. La sua mano era diventata dura, violenta.
Il suo corpo, rigido. Non urlava, non fremeva, non godeva.
La strada non era più il nostro talamo nuziale.
Era diventata una biscia d’asfalto e nulla più.
Ed io, ero diventata un mezzo di trasporto come tanti.
Un chopper. Una perla che si compra al concessionario Harley e si tiene per mesi in garage. A prendere polvere. Fino a quando un bel giorno i sensi di colpa non spingono a cacciarla.
Le si fa prendere un po’ d’aria, si fa il giro del quartiere e torna a posto.
Ecco, io mi sentivo così.
E mi bastarono poche miglia per rendermene conto.

Tornati a casa non mi rimise neanche nel box. Mi spense, mi accavallettò e corse dentro. Ero sotto la veranda, nella posizione ideale per sentire le urla.
I bambini, per fortuna, erano a scuola.
Sentivo la voce di Barbaranne. Non capivo cosa dicesse, ma le sue parole dovevano essere dei macigni. Le lanciava a voce alta, lentamente, lapidaria.
E poi silenzio.

-Va bene, lo faccio. Lo faccio perché ti amo!-
Zakk uscì dalla porta di casa diretto al marciapiede.
Afferrò il bastone dello stop che stava davanti il giardino. Lo cacciò dall’asfalto e lo mostrò alla moglie.
-Questo va bene?-
Piangeva.
Lei annuì, senza fiatare. Lui arrivò accanto a me.
Mi guardò. Si piegò sulla mia sella e mi baciò.
-Questo è per te, Barbara. Perché amo te e la nostra famiglia-
Afferrò la spranga con entrambe le mani.
Irrigidì i muscoli e mi colpì.
Il primo colpo mi spaccò il fanale.
Il secondo colpo piegò il manubrio.
Il terzo colpo fu un urlo disperato. Poggiato con la testa sul contachilometri implorava il mio perdono. Le lacrime bagnavano il mio acciaio ed il suo pugno piegava una forcella.
I suoi capelli scivolarono sopra di me.
Ero ferita, ma ancora viva. La mia dedizione non fu abbattuta da un paio di bastonate. Non bastava così poco.

-Beh, così mi dimostri il tuo amore, Zakk?-
-Ti prego, un attimo solo..-
Zakk si issò sulle gambe.
Lentamente si portò dietro la casa e scomparve per qualche minuto. Quando ricomparve aveva in mano una tanica.
Mi cosparse di benzina e mi diede fuoco.
Bruciai lentamente. Ci misi circa 4 ore per crollare.
L’odore della mia pelle, della mia vernice e del mio metallo rimase nell’aria per tutto il giorno.
Quando fui finalmente inoffensiva fui caricata sul pick up di Barbaranne e depositata qui. Nella discarica.
Quando se ne andò, Zakk aveva smesso di piangere. Non si voltò per guardarmi, né per darmi l’ultimo saluto. Ma sono certa che ogni volta che canta The Last Goodbye, mi pensa.



Sara Ciambotti. 23 anni .
Vive a L'Aquila, dove studia alla facoltà di Lettere e Filosofia, corso di studi in Immagine e Comunicazione.
Adora scrivere e leggere. Qualunque cosa, basta che sia ben fatta.
Ama anche viaggiare. Questo il suo blog

3 commenti:

Fabrizio ha detto...

VOGLIO UNA MOTO COSì!

Fab

Sara Ciambotti ha detto...

A chi lo dici!! E se ci fosse anche Zakk sarebbe il massimo!

Fabrizio ha detto...

No, non ci tengo a fare Brokeback Bike insieme a Zakk! :D

Fab