Mi infilo i guanti di pelle rossa tirandoli bene fino al gomito, calo sul naso gli occhiali da aviatore, mani sul volante e sono pronto a partire. Il cane, sul sedile del passeggero, mi guarda fiducioso.
«Stavolta ce la facciamo» mi dico.
Partiamo in ultima posizione, ancora una volta. Riscaldo il motore mentre con lo sguardo la cerco tra le auto più avanti, è già in macchina, quell’idiota di Peter che cerca di corteggiarla in maniera patetica. Per un attimo sembra che mi getti uno sguardo dal suo specchietto retrovisore ma siamo agli angoli opposti della piazzola ed è impossibile stia guardando me. È disgustosamente affascinante come sempre. Cosa non ti farei Penelope, cosa non ti farei... ti immagino ogni sera, nuda sul mio cofano con solo la tua sciarpa e il tuo casco da guidatrice indosso, che mi preghi, mi implori, di prenderti con la forza... ah ma succederà un giorno, vincerò e tu capirai che sono io il più veloce, il migliore, e allora verrai da me... NO! Non UN giorno, OGGI! Succederà oggi lo sento. Non posso fallire questa volta.
Mi giro e noto i fratelli Slag deridermi, quei cavernicoli del cazzo, un mistero come facciano ad essere i primi in classifica con quella carretta, un altro torto a cui dovrò rimediare oggi. Al mio fianco la banda di Clyde cerca di provocarmi, mi liscio i baffi e gli regalo un ghigno di sfida, non sono un problema, anche perché gli ho svitato i bulloni di tutte e quattro le ruote. Ho studiato il percorso al centimetro, so dove accelerare, dove spingere e dove trattenermi, so anche dove piazzare le trappole in caso ce ne fosse bisogno.
I motori rombano in coro, i piloti sono tutti ai loro posti, comincia il conto alla rovescia.
La bandiera a scacchi sventola.
Una partenza superba, come al solito. A 130km/h mi porto subito fra le prime posizioni, ho una tenuta maggiore e mi è abbastanza facile lasciarmi indietro quei mostri dei Gruesome ed il sergente, Clyde e la sua banda sono ancora ai blocchi che cercano di aggiustare le ruote. Il nuovo motore V12 che ho montato è una bellezza, i pneumatici 4x4 scorrono perfetti, neanche li sento, sapevo di aver fatto la scelta giusta, per un terreno roccioso del genere sono i migliori. Neanche il prof. Pending, lo scienziato, ha pensato di calibrare gli ammortizzatori per i vari tipi di terreno di questa pista, ho controllato prima della partenza. Idioti, non sono altro che idioti fortunati, senza preparazione, senza conoscenze, con i loro veicoli ridicoli, li vedo arrancare dietro di me, ma non mi illudo, troppe volte li ho visti rimontare e vincere in maniera impossibile a mie spese, ma non oggi, non oggi.
Sorpasso Luke e il suo dannato orso, solo un hillbilly del cazzo come lui poteva scegliersi un orso come mascotte, mi bevo come niente Rufus e Red, e mi posiziono quarto.
Raggiungo i 180km/h in rettilineo ed entro in terza.
Davanti a me quell’idiota di Peter, la sua sei cilindri è veloce ma non è affatto resistente, lo tallono cercando di stancarlo, approfitto del tratto sabbioso per chiuderlo in curva e sorpassarlo, prova a starmi dietro ma non gli reggono le sospensioni, mi allontano mentre perde pezzi dietro di me, addio deficiente, non sei poi così perfetto come credi; ora sono terzo dietro ai fratelli Slag e a Penelope, ho rinforzato il telaio laterale proprio per quest’occasione, metto la quarta e mi affianco ai fratelli Slag, li sperono con decisione e li vedo sbandare fuori strada maledicendomi, quei trogloditi ci metteranno un po’ a rimettersi in gara. Siamo io e te Penelope, il cane abbaia di felicità, ha iniziato a crederci anche lui, sulla mappa vedo che stiamo per aggirare la montagna. Decido di tentare la manovra adesso, tampono l’auto di Penelope abbastanza forte da farle prendere la curva più larga di come dovrebbe, me la rischio accelerando, mi affianco a Penelope e le concedo un testa a testa per qualche minuto, poi metto la quinta e sfreccio via sui dossi, per sicurezza attivo i fumogeni, mi dispiace bellezza, è la gara.
Siamo a metà tragitto ed ho la vittoria in pugno, non devo far altro che mantenere la velocità costante, ma un bagliore negli specchietti cattura la mia attenzione, l’auto del prof. Pending è dietro di me. Non avevo previsto una rimonta così veloce, dannazione, sulle carte ho segnato un punto eccellente a pochi metri per piazzare l’esplosivo e levarmelo dalle palle, d’altra parte è ancora lontano, potrebbe non essere una minaccia calcolando che ho dato uno stacco notevole agli altri concorrenti, sono indeciso ma non posso rischiare, no devo essere sicuro, devo essere l’unico al traguardo. Girata la montagna freno, scendo più veloce che posso e piazzo l’esplosivo al centro della pista. Riparto perdendo la metà del vantaggio che avevo previsto, ma accelero comunque più che posso, giusto in caso. Dopo pochi minuti vedo il prof. Pending avvicinarsi alla trappola ma non è solo, Penelope gli sta incollata, poi il sergente e poi gli altri, tra cui riesco a scorgere i maledetti fratelli Slag che già sono riusciti a rimontare. Maledizione, non volevo colpire Penelope ma ormai è fatta, premo il detonatore e la carica esplode, sento un boato dietro di me e vedo l’auto del prof. Pending schizzare in aria fra le fiamme, poi accade l’irreparabile, l’auto di Penelope sbanda, il sergente le va addosso formando una sorta di trampolino per le auto successive che invece di impantanarsi sfruttano l’accelerazione planando e me le ritrovo attaccate al culo. Premo l’acceleratore con violenza, non faccio respirare la macchina un secondo, raggiungo i 230km/h e continuo ad accelerare, ma non riesco a seminarli, quel catorcio di merda dei fratelli Slag ha il vantaggio di essere incredibilmente leggero e non riesco a scappargli.
Prendo una buca e il mio cappello vola in aria, il cane mi balza addosso nervoso, gli do un pugno in testa per tenerlo a bada. Il motore perde colpi ma continuo a sforzarlo, non posso cedere ora, ad un passo dalla vittoria. Dovrei cambiare marcia e scalare, ma rischio di rallentare e non posso permettermi di essere superato.
Il cane si agita, mi tira la sciarpa, cerca di attirare la mia attenzione «Non ora maledetto idiota!» gli grido. Imbocco la penultima curva a 240km/h, non esco di strada per un pelo ma il semiasse alla fine cede, si spezza e perdo una ruota, cerco di non badarci ma l’auto sbanda, il radiatore borbotta ed inizia ad uscire fumo dal cofano, ma non cedo, con il sudore negli occhi lo vedo, vedo il traguardo, ancora pochi metri e... Un ombra gigantesca ci copre, alzo lo sguardo d’istinto e vedo la carcassa dell’auto del prof. Pending piombare dal cielo e schiantarsi con un boato sulla pista a pochi metri da noi, tiro il freno con tutte le forze che ho in corpo ma è troppo tardi, non c’è abbastanza spazio, giro il volante e sterzo bruscamente cercando di limitare i danni e la cloche mi rimane in mano per quanto tiro. Non urlo, non ne vale la pena.
L’impatto con il parabrezza a questa velocità è mostruoso, fortunatamente dall’ultima volta ho rinforzato la tuta con il kevlar, il volo mi appare talmente lungo da sembrare irreale, il mio corpo per inerzia viene sparato a tutta velocità fra mille schegge di vetro, l’aria e i rottami che mi arrivano in faccia, il fumo del radiatore in gola. E per un attimo, sospeso a mezz’aria, le sento: le voci, gli applausi, le ovazioni. Una folla esultante mi porta in trionfo, mi solleva e mi accompagna al podio, dove mi incoronano “il più veloce figlio di puttana della storia”, mi acclamano, mi amano, e Penelope e lì, si fa largo tra la folla, si scioglie i capelli e mi gela con quei suoi occhi azzuri, mi dice «Ti amo Dick. Ti ho sempre amato.» La bacio fra gli applausi della folla. Ho vinto penso, ho vinto.
Riprendo conoscenza a bordo pista, immerso nel fango. Mi metto a sedere nonostante i dolori ovunque, faccio un sforzo enorme per apparire in migliori condizioni di quelle in cui sono. Credo di avere un paio di costole rotte, ma non faccio neanche più caso al dolore ormai. La gara è finita, Red Max taglia il traguardo per ultimo. Non ci siamo neanche piazzati. Lo speaker sta leggendo i risultati parziali, i fratelli Slag vincono, all’ultima posizione con zero punti ci siamo noi. Sento la punta d’ironia mentre legge “Mean Machine - ancora zero”
Mi volto verso il cane, sta ridendo lo stronzo. Mi alzo in piedi e mi ripulisco come meglio posso.
«Andiamo Muttley» gli dico «dobbiamo prepararci per la prossima corsa.»



Nato a Roma nel 1986, quando il fumetto raggiungeva uno dei suoi apici con titoli come
Frequenta per sei anni la Scuola Romana dei fumetti. Attualmente finge di studiare per la laurea in Disegno Industriale.

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