Velocità. La mia mente dice spazio diviso tempo. Odio i matematici e la loro semplificazione della realtà con numeri e formule. Beh allora Velocità come mito dei futuristi di inizio novecento partito con lustrini e finito annegato nel sangue di giovani in una guerra mondiale. No meglio di no. Meglio veloce come un proiettile. Però c’è un rovescio della medaglia. Quando sei veloce come una pallottola le cose ai tuoi lati si deformano, non le vedi, e le perdi. Per andare dritto al cuore perdi il contorno e il contesto e la tua visione resta parziale. E poi non è finita. La velocità è anche attrito che consuma velocemente le gomme delle auto, ma brucia anche i neuroni del cervello obbligato a pensare a un sacco di cose in più in un tempo sempre e comunque limitato; maledetta formula. Si perché le due variabili non sono poi così variabili come pensano i matematici. Il tempo è sempre limitato; quindi per fare un sacco di distanza devo aumentare la velocità. Velocità. Apro gli occhi e il guardiano del tempo che porto al braccio, maledizione egizia?, ti dice che devi essere più veloce e cominci a correre. La storia della savana, del leone e della gazzella è un contentino che ci raccontiamo per consolarci oppure lo leggiamo appeso alle pareti degli uffici pubblici. Humor inglese? Nonsenso?. Salgo in macchina e comincio a spingere sul pedale, fortunato chi ha un bolide ma non è il mio caso; davanti a me di regola c’è una persona che ha i ritmi più lenti e dall’altra parte della carreggiata una transumanza di auto e camion. Risultato: la tua temperatura comincia a salire, come quella del motore. Può succedere che grazie alla tua velocità qualcuno, o qualcosa, ti fa una foto; ma invece di finire sulle prime pagine delle riviste di automobilismo ti guadagni un bel multone e i punti invece di aumentarli nella classifica del mondiale piloti te li ritrovi decurtati dalla patente. Arrivi al lavoro e devi essere veloce perché hai dell’arretrato da smaltire. Quando mi lamento di questo la riposta è “ E’ così per tutti”. Uffa bastaaaaaa. Io voglio èssere pecora nera. Io odio la velocità. Se devo ubriacarmi voglio gustarmi in vino nel bicchiere lentamente sentendo tutti i sapori; non voglio stordirmi e basta. La velocità non è la mia divinità. Perché è una dea crudele che per rendere il mondo più piccolo pretende sacrifici di sangue. Il sacrificio del mio migliore amico. Senza colpa. Con te quella sera è partita anche la mia parte migliore. Si io ti odio velocità.



Soggetto Clyde Canella, nasce il 31 luglio 1969 e da allora vive in un piccolo paese in provincia di Ferrara, chiamato Alberone.
Da piccolo si innamora dei fumetti e da allora lo accompagnano quotidianamente. Per acquistarli è costretto in una gabbia a fare il commercialista e un sacco di altre cose molto noiose e stressanti, dalle quali ogni tanto fugge per raggiungere le mostre e incontrare i suoi beniamini. Ha una donna molto paziente chiamata Benedetta, di nome e di fatto, che lo asseconda in attesa delle nozze.
Segni particolari: capelli lunghi da sempre e un orecchino al lobo sinistro

1 commento:

Slum King ha detto...

Una bella riflessione sulla velocità, con un finale che è veramente una piccola pallottola che colpisce dritto al cuore. Il voto è meritatissimo